Crocifisso di Santa Maria in Trastevere

Il Crocifisso ligneo di Santa Maria in Trastevere si trova nella terza cappella a destra entrando nella Chiesa romana ed è uno dei pochi crocifissi di grandi proporzioni (2,30 m x 1,9 m; croce 3,84 m x 2,1m) più antichi di Roma.
Definito da sempre come Crocifisso “cavalliniano”, probabilmente per la stretta attinenza iconografica e stilistica con l’arte monumentale del Cavallini che qui realizzò il meraviglioso ciclo musivo con le Storie della Vergine (1291 circa), ha finito col tempo per assumerne la paternità, nonostante non siano mai emersi, fino ad oggi, documenti a riprova.
Il paziente ed impegnativo lavoro di restauro condotto sul Crocifisso è stato possibile grazie ad un generoso finanziamento privato che ha permesso anche di eseguire una serie di indagini diagnostiche illuminanti per tracciare un primo percorso conoscitivo di un’opera tanto antica quanto scarna di notizie.

Dai risultati dell’esame con radiocarbonio (C14) per l’individuazione della datazione del legno del tronco del Cristo, si sono configurati due picchi: una datazione con un intervallo tra il 1280 e 1320 ed una seconda datazione con intervallo tra 1350 e 1390 (indagini eseguite presso il Centro di Datazione e Diagnostica – CEDAD – dell’Università del Salento).

Le indagini xilotomiche per il riconoscimento delle specie legnose sono state eseguite grazie alla felice collaborazione con l’IsCR che a fronte di una serie di microprelievi ha permesso di individuare nel pioppo la specie legnosa impiegata per tutte le parti assemblate del corpo. I dati ottenuti sono confluiti nell’Archivio delle Identificazioni delle Specie Legnose dei Beni Storico-Artistici (Progetto ArISStArt – banca dati informatica accessibile on-line realizzata dalla Fondazione Guglielmo Giordano grazie ad una collaborazione tra l’Università degli Studi di Perugia, il CNR-IVALSA (Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree del Consiglio Nazionale delle Ricerche), l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ed Ecodata.)

Dai risultati delle indagini XRF condotte per il riconoscimento dei pigmenti è emerso che il perizoma è stato dipinto impiegando il bianco di piombo (la cosiddetta “biacca”, ossia il carbonato basico di piombo), mentre le filettature dorate sono state realizzate con la doppia lamina, ossia una lamina di stagno per dare spessore all’oro e su questa una sottile foglia d’oro.
Si tratta dell’”oro di metà”, così come ne parla Cennino Cennini nel suo “Libro dell’arte o trattato della pittura”, capitolo XCV – El modo dell’adornare in muro ad oro, o cun stagno.

Particolarmente attenta è risultata essere la tecnica di assemblaggio delle porzioni lignee, per la capacità di dissimulare gli incastri, soprattutto nella lavorazione del perizoma e nell’innesto delle gambe, tanto che, nonostante le grandi dimensioni della statua, con buona approssimazione si può affermare che il busto del Cristo, gran parte della testa ed il perizoma sono stati ricavati da un unico elemento ligneo a cui sono stati poi assemblati gli arti superiori, costituiti a loro volta da più parti (braccio e avambraccio) e quelli inferiori, con unione mediante inserti circolari in legno (cavicchi).
Dalle indagini radiografiche la testa mostra sul verso, tra il collo e la nuca, la presenza del “matarozzo”, ossia la terminazione del tronco da cui è stato ricavato il corpo principale per la realizzazione del Cristo. Tutto il resto della testa nasce dall’assemblaggio mediante chiodi e stuccature di più porzioni lignee. Le indagini radiologiche mostrano una incredibile quantità di chiodi all’altezza della testa.

La statua da un punto di vista strutturale si era conservata in buono stato non mostrando mancanze del modellato ed anatomiche particolarmente importanti, ma ad avere maggiormente sofferto era la superficie pittorica che recava tutti gli effetti dovuti a “ripassature” di ravvivanti e “beveroni” a base di sostanze oleo-resinose, applicati nel corso del tempo allo scopo di saturare le superfici opacizzate dalla polvere e dai depositi coerenti e conferire al Cristo un aspetto più brillante e luminoso, ma che col tempo, andando incontro ai naturali processi di polimerizzazione ed invecchiamento, avevano finito per incupirne notevolmente l’aspetto, tanto da dare al Crocifisso l’aspetto di una scultura bronzea.

A seguito di un’approfondita serie di saggi stratigrafici per individuare le originali cromie e gli strati preparatori, è stato possibile raggiungere le superfici più antiche, constatando con stupore che nonostante l’antichità dell’opera, i livelli di ridipinture e gli strati preparatori sovrammessi erano esigui, lasciando pensare ad una discreta condizione conservativa dell’opera protrattasi nel tempo.

La lunga e delicata operazione di pulitura è stata eseguita alternando alle miscele solventi individuate ed adeguatamente supportate, una delicatissima pulitura a bisturi con lenti, pulitura resa difficoltosa soprattutto per la presenza del vistoso e materico cretto a “pelle di coccodrillo” presente su tutta la pellicola pittorica originale. La pulitura è stata contestualmente affiancata da puntuali interventi di consolidamento a siringa delle deadesioni degli strati pittorici e preparatori.

Tutte le lacune delle discontinuità materiche (strati preparatori e pittorici) e strutturali (porzioni delle dita, estremità del bordo del perizoma), sono state risarcite e stuccate, lavorandole in superficie per integrarle all’originale presente all’intorno. La reintegrazione pittorica delle stuccature ricostruibili per collocazione, tono e forma è stata eseguita con acquerelli e colori a vernice specifici per il restauro, ricorrendo al puntinato, una tecnica riconoscibile a distanza ravvicinata.

Committenza: Chiesa di S. Maria in Trastevere – Roma
Finanziamento: Famiglie Stafford e Stanford di Baltimora, su impulso di S. Em. Cardinal James Francis Stafford
Alta Sorveglianza e DL: Dott. ssa Adriana Capriotti – Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico per il Polo Museale della Città di Roma

Ditta esecutrice: Consorzio Recro – Direttori Tecnici: Rest.BB.CC. Cristiana De Lisio e Alessia Felici
Documentazione fotografica: Cristiana De Lisio – CONSORZIO RECRO
Indagini Scientifiche: M.I.D.A. di Claudio Falcucci; Dott.ssa Giulia Galotta e Rest. BB.CC. Marisol Valenzuela – ISCR
Opere Provvisionali: AGR Ponteggi Tubolari – EDIL.CRE.A. S.r.l. di Adriano Checcucci
Collaborazioni: 
Rest. BB. CC. Tiziana Dell’Omo
Consulenza Specialistica: Rest. BB. CC. Rita Bassotti

RECRO s.r.l.
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